L'idea di sinistra ha radici antiche

Analisti spiazzati, previsioni disattese, sondaggi smentiti. Ancora una volta è la saggezza popolare ad emergere, la misura delle cose a trionfare. Il voto ne è la sintesi: la violenza verbale utilizzata come strumento di comunicazione ha fatto il suo tempo. Naufraga nella rigidità dei doveri civici, dell’educazione comportamentale, di prospettive per i giovani. Condannabile è anche la reazione smodata ad atteggiamenti offensivi. Grillo ha interpretato il malessere popolare e l’esigenza di cambiamento ricorrendo a forme di aggressività che hanno finito per spaventare anche chi condivideva i messaggi; ma altrettanto deprecabile è tacciare la posizione (come ha fatto Renzi) appartenente a “disperati, ad anziani soli, a giovani senza futuro”. E’ anche questa violenza. 

Ha giocato un ruolo rilevante il timore di un ritorno a idee di destra, fatto invocando in modo blasfemo il nome di Berlinguer, a dimostrazione di una studiata confusione del quadro socio-politico da cui poter tranne i maggiori vantaggi.

L’Italia ha dato fiducia a Renzi. Gli ha confidato un mandato che solo sulla carta è un premio. Nella realtà è una cambiale dall’importo notevole e scadenza ravvicinata. Alla fretta, o meglio alla rapidità delle decisioni e delle misure da prendere ci ha abituati lui stesso. Riforme e cambiamenti attendono un popolo stressato da una crisi interminabile, diventata malessere sociale. La stessa preoccupazione si è connotata in Francia vestendo i panni della destra estrema e chiamando a interprete dell’insofferenza transalpina Marine Le Pen.

Nel panorama europeo, il tema è comune. Una medesima posizione critica si orienta contro la decisione tedesca di una rigidità economica che ha finito per stroncare ogni minimo segnale di reazione. Da noi, l’orientamento a sinistra della protesta, accompagnato dalle scelte di tanti altri Stati membri, non cambia la natura socio-economica del messaggio. 

Un preciso monito contro i personalismi è insito nel voto recente: niente più urli e sbraiti, niente più uomini soli al comando, ma soprattutto niente più condanne fini a se stesse, senza progetti da perseguire o orizzonti a cui puntare.

L’idea di sinistra che sta attraversando il Paese ha radici antiche che si ripropongono in tempi di complessità dell’assetto socio-economico di comunità piccole o allargate. Esse si rifanno a concetti di onestà politica e di correttezza etica tipici della testimonianza Berlinguer (da qualcuno maldestramente e inopinatamente invocato), a riprova di una morigeratezza delle idee e dei costumi, unita al rispetto dell’uomo e alla dignità del lavoro.



Giocondo Talamonti









La voce grossa deve arrivare all'Europa


Quale futuro per l’AST? Quale per Terni? L’impressione che la tolleranza in tema di palleggiamenti di responsabilità e rinvii di soluzioni,che hanno finito per favorire il gioco delle speculazioni finanziarie, sta consolidandosi in danni irreversibili per la maggiore industria ternana, non è più vaga. La Commissione antitrust si è limitata a salvare Outokumpu e proteggere ThyssenKrupp.

E l’AST? L’AST s’arrangi. La città e tutte le forze responsabili: politiche, sindacali, produttive, hanno assistito inermi allo scempio consumatosi in un arco di tempo protrattosi per snervare i protagonisti ed esaurire ogni residua speranza di positiva conclusione.

La ThyssenKrupp non ha, al momento, alcun programma industriale. Significa che si sta veleggiando a vista. Anzi, che si è alla deriva. A dispetto del valore strategico della sua produzione di acciai speciali, anche a livello nazionale si assiste ad una colpevole indifferenza. Ma la voce grossa deve arrivare all’Europa e all’incapacità della Commissione antitrust di mettere in campo soluzioni volte a salvaguardare l’eccellenza tecnologica del sito ternano, oltre che la continuità occupazionale del territorio. Il timore che si scenda sotto a 1ml e 400 mila tonnellate (ottimizzazione degli impianti) è sempre più reale, dato che non si intravvedono correttivi. La conseguenza sarà fermare una linea e causare difficoltà occupazionali. Prima che questo avvenga, le forze sociali, nessuna esclusa, devono far pressione sull’attuale Capo del Governo perché imponga all’Europa scelte e soluzioni a salvaguardia degli interessi comunitari e nazionali. Il mercato dei prodotti AST è costituito da un assorbimento nazionale del 40%, mentre il resto si orienta quasi esclusivamente su quello europeo. Da ciò deriva che l’interesse non è solo italiano e significa che non è solo questo il mercato di riferimento per il futuro dell’AST. Il problema non può e non deve essere ignorato da interessi di parte, né da protezioni di gruppi produttivi, ma rientrare in logiche e strategie utili alla crescita dei mercati e mirare ad orizzonti che appartengono all’intera comunità europea.

Terni, 19 maggio 2014



Giocondo Talamonti
(Associazione "E. Berlinguer")




Ma nessuno ha vinto. A perdere sono stati tutti: spettatori, forze dell’ordine, arbitro e guardalinee, organizzatori, tifosi di tutte le squadre, FGCI, Coni, Sport e Stato. Le immagini, che hanno fatto il giro del mondo, consegnando all’estero un’idea del nostro Paese debole e indifendibile, in sintonia con la crisi che lo corrode, devono essere state di conforto per i nostri vicini slavi,troppo frettolosamente giudicati barbari dai Catone di casa nostra in un’analoga occasione.

Si svolgeva a Genova la partita fra Italia e Serbia, quando un ultrà ospite,tale Ivan Bodganov, detto Ivan il Terribile, dall’aspetto inquietante ma buon conoscitore delle voragini che il codice penale italiano concede a chi fa casino negli stadi, si è permesso di sfidare le forze dell’ordine, gli spettatori e lo Stato che l’ospitava, minacciando di bloccare l’incontro.

Anche nel caso della finale di Coppa Italia, l’inizio del match è stato deciso non dall’arbitro, non dal prefetto, non dalla FIGC, non dai team in campo, ma da Genny ‘a Carogna, capo ultrà napoletano con il quale si sono consultati il capitano del Napoli, Hamsik e le forze di polizia nello stadio. Avuto il suo assenso e accertato che la sparatoria che aveva fatto una vittima napoletana non era imputabile alla tifoseria fiorentina, i milioni di telespettatori hanno potuto assistere all’incontro.

Prima dell’inizio, i presenti all’Olimpico hanno manifestato il loro dissenso per l’umiliante spettacolo, seppellendo di fischi un Inno di Mameli diffuso dalla voce di una poco convinta cantante, unica a tentare di spargere orgoglio su una scena divenuta paradossalmente irreale. In quei fischi, i più hanno immaginato di stringersi in un solo abbraccio di speranza. In quei fischi i più hanno immaginato di accomunarsi a difesa di libertà e diritti. In quei fischi i più hanno immaginato di ricreare credibilità nei valori dello Sport in genere e del calcio in particolare, così sciattamente consegnati nelle mani di agitatori di bandiere lacere e di titolari di diritti presunti e pretesi.

Ancor più avvilente è stato il misero tentativo degli organi di governo di far credere alla pubblica opinione che, nell’umiliante circostanza, non ci sia stata trattativa fra la polizia di Stato e gli ultrà. Nessuno è così ingenuo. Simili dichiarazioni sono già di per sé un’autoaccusa, un riconoscimento di incapacità a gestire l’ordine negli stadi. 

Si deve e si può fare qualcosa per arginare la frana e bloccare lo sgretolamento dei valori di Sport. Il male da estirpare lo conoscono bene i presidenti di club, colpevoli di averlo accresciuto cedendo alle minacce e alle pressioni di bande di delinquenti ai quali è stata offerta l’occasione di dar sfogo ai peggiori istinti di aggressività in ambiti sportivi colpevolmente protetti da norme e leggi sfrangiate.

Claudio Lotito è l’unico ad aver sempre combattuto questo stato di cose e a reagire con forza all’arroganza di schiere di provocatori. Gli ultrà hanno risposto disertando lo stadio, penalizzando così le entrate societarie.Lotito resiste. ma incassa il colpo mortale dell’indifferenza del mondo calcistico e della cronaca sportiva, troppo attenta a ignorare la contrapposizione per vile tornaconto.

E’ vero, gli onesti non fanno notizia, ma almeno servono a far intravvedere la speranza in una società più giusta. 



Giocondo Talamonti