Al suono dell’ultimo gong, è sceso dal ring della vita Joe Frazier. Aveva 67 anni. Ultimo di 12 figli di una coppia afro-americana, ha dovuto imparare presto a farsi largo, ma ha sbagliato maestro scegliendo la strada.


Lascia la scuola a 13 anni per diventare osservato speciale della polizia della Carolina del Sud. Ruba macchine e rapina, ma soprattutto picchia, e di brutto, chiunque gli si oppone. Lo fa tanto bene che qualcuno gli consiglia una palestra, dove almeno non si rischia la galera dopo ogni scontro.


A 20 anni è campione olimpico e la vita, così avara con lui, sembra volersi prendere una vacanza,lasciandogli intravedere un futuro meno nero.
Quel primo successo gli spalanca davanti un’autostrada: 29 vittorie consecutive tutte prima del limite, ottenute con violenza e determinazione, senza dar spazio a compassione o indulgenza, così come fa il destino con gli uomini.


A 26 è campione del mondo dei massimi. Stende Jimmy Ellis al 5° round con la facilità con cui si picchia un paralitico. Il riscatto del negro povero e bistrattato è una realtà; i colored d’America lo incensano, i media lo esaltano, i fan l’adorano. Tutto il mondo, con le sue verità, i saperi, le certezze è nelle sue mani. Anzi, nei suoi pugni.
Il lato accattivante della vita, il più falso, gli sorride: piovono miliardi sulla sua testa. Può permettersi di sbagliare investimenti e di sopportare l’avidità di consiglieri spregiudicati e truffaldini. Niente riesce a bloccare il mare di denaro che lo sommerge.
Poi, il destino, secondo un cliché noto, si pente e gli mette di fronte un ossaccio: tale Mohammed Alì, detto Cassius Clay.


Oltre al colore della pelle, i due condividono origini simili e l’identica rabbia contro tutto e tutti; specie contro quelli che, al pari loro, sgomitano per un raggio di sole.
Tre incontri epici: nel ’71, nel ’74 e nel ’75, il primo preceduto dalla provocatoria denigrazione con cui Cassius Clay indeboliva l’equilibrio psichico degli avversari. Joe diventa, così, lo “scimmione”.


Con Frazier non ha effetto. Di fronte a 300 milioni di spettatori, collegati in circuito chiuso dal Madison Square Garden di New York, lo “scimmione” gli frattura la mandibola e lo manda a casa. Gli serviranno tre anni per riaversi e ripresentarsi per la rivincita. Si fa a Manila. Vince Clay ma è una vittoria di Pirro: al termine dell’incontro urina sangue, un occhio è quasi fuori dall’orbita, fatica a parlare e a mangiare perché ambedue le mandibole sono incrinate. A fatica riesce a dire: “Quest’uomo è un animale. Uno scimmione che può uccidere.”


Frazier non sta meglio. Non lo riconoscerebbe neppure sua madre. I diretti sul viso si sono posati con la delicatezza di un maglio, precisi, insistenti, spietati fino a ridurlo a una maschera su cui spicca solo il bianco del paradenti. L’allenatore gli taglia con una lametta le borse piene di sangue che gli serrano gli occhi e consentirgli di proseguire a prendere botte. Il buio sta dentro e fuori di lui. Accetta il massacro come un martire, ma ne esce segnato per sempre. Non ha senso neppure la “bella”, vinta facilmente da Clay. Frazier continuerà a combattere per altri sei anni accumulando cazzotti e sconfitte.
La sua misera rivincita Joe se la prende in occasione delle Olimpiadi di Atlanta, quando Cassius Clay fu chiamato a coprire un breve tragitto in qualità di tedoforo.

La malattia incalzante gli impedisce di tener ferma la mano e la fiaccola trema con il rischio di cadere. Joe che non sa dove stia di casa sensibilità e compassione, esclama: “Che bruci all’inferno!”. A chi gli riferisce l’espressione, Alì risponde: “Ditegli che resta uno scimmione”.


A ricordare ad ambedue che “imbattibile” non è nessun essere umano e che per ciascuno c’è un ultimo round, ci ha pensato la vita: cancro al fegato per Joe, morbo di Parkinson per Alì.


Frazier muore in povertà fra le quattro mura di uno sgabuzzino della palestra di Broad Street a Filadelfia, gentilmente concessogli dalla società di boxe presso cui insegnava come prendere a pugni gli altri, dopo che gli sciacalli che non lo hanno mai abbandonato gli avevano prosciugato dollari e dignità.


Terni, 10 novembre 2011

Giocondo Talamonti

L’evoluzione delle conoscenze e dei saperi, che si matura ormai in un ambito di concorrenzialità globale, impone regole nuove e, soprattutto, un’attenzione continua ai cambiamenti imposti dai mercati. Il processo formativo ha inizio nella scuola, dove convergono gli imput provenienti dall’esterno, e alla quale si chiede oltre alla crescita educativa e sociale di saper creare le abilità tecniche necessarie a competere. Continua nell’Università, supportando con la ricerca e le sperimentazioni i settori di applicazione e confrontando l’impegno in itinere con le imprese del territorio. La filiera istruzione-università-impresa deve trovare motivi aggreganti nelle istituzioni, cui spetta l’onere del coordinamento degli sforzi che Scuola, Università e Impresa perseguono convinte.


La preparazione dei lavoratori del domani sarà sempre più esigente e settoriale, perché è dallo studio analitico di differenti ambiti operativi che può derivare la qualità e la competitività.


In questo senso ha improntato, da tempo, la formazione dei suoi allievi l’IPSIA “S:Pertini”, firmando protocolli d’intesa con industrie di dimensioni internazionali (Toyota, TEXA, ecc) e del territorio. Ha instaurato una collaborazione fattiva con l’Associazione degli Industriali e la Confapi di Terni.


Utilissima si è dimostrata, ai fini di una moderna concezione aziendale, la collaborazione con la Camera di Commercio di Terni che ha portato a scuola dirigenti d’imprese ternane che hanno consentito di mettere a confronto le differenti esperienze lavorative. Tra questi alcune donne hanno portato il proprio vissuto imprenditoriale con cui hanno cercato di trasmettere ai giovani la cultura d’impresa. In tale contesto sono state prese iniziative riguardanti l’Alternanza Scuola-Lavoro e corsi mirati per gruppi di studenti scelti tra i più motivati alla cultura del lavoro.


Un atteggiamento condiviso fra i protagonisti del mercato del lavoro, l’industria e il sistema dei processi formativi , favorisce l’inserimento dei giovani nel settore delle industrie a qualsiasi livello di responsabilità.


10 novembre 2011

Giocondo Talamonti

Al Sindaco del Comune di Terni



Premesso che la prevenzione rappresenta una delle migliori strategie per ridurre i pericoli che i fenomeni naturali possono presentarci;





Considerato che nel nostro bacino imbrifero numerosi sono i corsi d’acqua a carattere torrentizio vale a dire che si asciugano con la siccità ma si ingrossano facilmente con le piogge;





Tenuto conto che le sei vittime delle esondazioni di alcuni torrenti di Genova, ci pongono inevitabilmente gli interrogativi: si potrebbero verificare simili eventualità nel nostro territorio? Si può fare di più per la sicurezza ? Che cosa fare per non chiederci poi “di chi sono le responsabilità?”;





Ritenuto opportuno considerare le terribili immagini di quell’evento come monito per tradurle, tutti, in un sollecito e costante impegno verso la tutela del territorio nazionale;





Valutato che indirizzarvi risorse favorirebbe la ripresa economica, il lavoro alle piccole e medie imprese che operano sul territorio, e darebbe a tutti i cittadini la convinzione di poter vivere nelle proprie case con maggiore sicurezza.





Visto che in considerazione dei mutamenti non solo climatici (a detta degli scienziati il Mediterraneo è in fase di tropicalizzazione) ma anche in ogni altro campo, occorrerebbe investire sull’educazione permanente per essere pronti ad affrontare le avversità e per accrescere saperi e conoscenze;









Preso atto che sarebbe bene assumere atteggiamenti preventivi che consentono di superare le difficoltà del momento,







Si chiede al Sindaco di Terni ,









in primis, se è stata espressa solidarietà da parte della città di Terni alla città di Genova facendo sentire la vicinanza dei ternani e, poi, di conoscere quali:









1) indicazioni dare ai cittadini ternani per rassicurarli sull’efficienza del nostro territorio a contenere eventuali eventi prodotti da quelle piogge che per forza e abbondanza producono effetti dannosi alle cose e alle persone;





2) comportamenti ed iniziative sono state adottate per facilitare un’anomala defluizione delle acque;





3) strategie sono previste per educare alla sicurezza i giovani da parte del Comune di Terni;





4) riqualificazioni per gli addetti al soccorso sono da mettere in campo per fronteggiare tali eventi e se sono previste sinergie con altri enti e il volontariato;





5) finanziamenti sono contemplati per la prevenzione e per quella educazione permanente finalizzata a formare persone che siano in grado di assumere atteggiamenti idonei e precauzionali in caso di calamità naturali ed anche comportamenti volti a rispettare l’ambiente (ad es.: non gettando materiali plastici nei corsi d’acqua e nelle strade, evitando di abbandonare a terra residui che, con la pioggia, potrebbero intasare i raccoglitori dell’acqua piovana) ;





6) controlli vengono eseguiti sui tombini e sui corsi d’acqua intubati perché non impediscano le vie di fuga dell’acqua in caso di pioggia;





7) verifiche sistematiche e periodiche vengono effettuate sui corsi d’acqua, (torrenti e fiumi);





8) sistemi sono previsti per allertare la popolazione su incombenti pericoli e quali simulazioni (evacuazione da zone a rischio, pronto intervento) possono essere organizzate ad hoc;





9) organismi sono deputati a monitorare eventuali fenomeni franosi;





10) controlli programmati vengono effettuati sugli abusi edilizi;





11) controlli sugli indici di cementificazione vengono eseguiti;





12) iniziative intende assumere per coinvolgere le scuole a far acquisire la cultura del rispetto dell’ambiente e della conoscenza del proprio territorio.





Si chiede, infine, se siano stati concessi condoni a case o a manufatti costruiti su basi non perfettamente idonee, sui margini del lago, dei fiumi e sui corsi d’acqua torrentizi.





9 novembre 2011




Talamonti Giocondo




Luzzi Luzio




Nannini Mauro